martedì 29 giugno 2010

Femmine e proporzioni


Di cosa posso parlare in una bollente serata estiva mentre la piazza torinese ondeggia sulle note di Carmen Consoli e i liquidi se ne vanno obbligando gli impavidi a un’ora di fila per una Moretti in lattina calda? Di donne, ovvio, roba da rivista femminile. Con un uomo. A me piace sempre molto quando un bipede di sesso maschile mi illustra le sue teorie sulle caratteristiche peculiari che una donna deve possedere perché sia in grado di colpirgli l’ormone e il cuore. Ricorderete in proposito
il signor C., dotto teorico dell’argomento e nostro gradito ospite. Ecco, le argomentazioni che mi sono state esposte l’altra sera erano diversamente articolate e prendevano in considerazione tre chiari elementi. Ho preso appunti per non perdere il filo, seguitemi: per essere degna di considerazione, una donna deve possedere, in proporzioni auree, avvenenza, intelligenza, lascivia.
La combinazione delle tre farebbe perdere la testa anche a un sasso, mi è stato detto. Credo sia un’ovvietà: come non essere d’accordo? È il concetto di proporzione perfetta che mi suscita qualche dubbio, l’idea di 1/3 + 1/3 + 1/3 = 3/3 di donna perfetta. Ad esempio secondo me una tipa bruttina, se fosse straordinariamente intelligente e avesse un rapporto sano, ludico e generoso con la propria sessualità, avrebbe un potere seduttivo ben maggiore di una bellezza travolgente addosso a una cretina dai facili costumi. Oppure di una venere molto acuta ma del tutto frigida.
Nonostante non mi
fossero perfettamente chiari tutti i passaggi della questione, mi sono detta sostanzialmente in sintonia con l’intera faccenda, anche se molto teorica. I problemi infatti sorgono in generale quando si pretende di raggiungere l’oggettività nel tentativo di descriverla questa capacità di sedurre. Mi spiego. Anzi, spiegatemi, ché l’argomento è banalmente estivo ma piacevolmente godereccio: avvenenza, intelligenza, lascivia, cosa sono?

mercoledì 23 giugno 2010

Rughe d'espressione


L’ho comprata. Ho fatto finta di niente, ho ostentato indifferenza nei pressi del reparto profumeria, ho finto di voler acquistare la crema idratante vellutante per farmi la pelle di pesca e invece no, in realtà stavo metabolizzando la relazione con lei, la mia prima crema anti-età per il contorno occhi.

Capita questo, che guardando mie fotografie scattate un anno fa vedo una teen ager forse un po’ attempata ma comunque ancora piuttosto young. Guardando invece la mia faccia su fotografie fatte di recente, l’unica cosa che riesco a vedere sono zampe di gallina che mi devastano l’espressione. Stormi interi di volatili depositati tra le ciglia, anatre che hanno nidificato tra i miei lineamenti.
Ora, io lo so che questo è stato un anno impegnativo sotto molti punti di vista: ho lavorato molto, capitombolato parecchio, dormito meno di quanto avrei voluto, però l’invecchiamento precoce mi sembra una punizione eccessiva.
Ma tant’è, sta capitando. Non avete diritto di replica. Tra l’altro ne ho la conferma dal modo in cui le persone a me vicine cui lo faccio notare glissano nell’affermare “ma nooo, in quella foto eri solo un po’ stanca”, “ma noooo, ma quali rughe, è la luce” e cose di questo genere. Quindi ho deciso: stasera la prima applicazione, sono entrata nel tunnel.

Per altro ho appurato che la quasi totalità delle rughe hanno origine dall’emotività, rughe d’espressione si chiamano: ci si stampa addosso quanto abbiamo riso, quando abbiamo pianto, quanto solletico e quanta sorpresa abbiamo manifestato, quante capriole ci sono balenate tra occhi, naso e bocca. Il che significa che si potrebbe eliminare il problema alla base e in via definitiva bandendo qualunque forma di sollecitazione emotiva, condizione ascetica che, come sapete, perseguo da tempo.
Anche se, a dirla proprio tutta, non mi pare molto divertente come soluzione.

giovedì 17 giugno 2010

La colonia estiva


E’ successo anche a me. Tanti anni fa, in un periodo rimosso della mia infanzia: avevo 11 anni e sono stata mandata in colonia. Ancora mi sfugge cosa spinse i miei genitori a spedirmi per due settimane sulla Riviera Adriatica, cosa che all’epoca assunse i contorni precisi e ingrati della punizione. Avete presente di cosa sto parlando? Sì, le colonie. Quei soggiorni per bimbetti (6-11 anni) che certe aziende propongono ai figli dei dipendenti a prezzi popolari. L’azienda cui mi riferisco io… insomma, si potrà fare il nome? Diciamo una grande casa automobilistica italiana. Dicevo, l’azienda cui mi riferisco io aveva pensato a tutto: partenza all’alba di un mattino di luglio con pullman GT stipati di infanti inconsolabili, animatrici sadiche, spiaggia privata. Il sadismo delle animatrici all’epoca non mi era chiaro, o meglio: non avevo ancora gli strumenti per classificarlo come tale. Ma qualcosa di anomalo stava accadendo. Nella struttura, un edificio enorme su quattro piani, la distinzione era tanto ovvia quanto necessaria: i maschi da una parte , le femmine dall’altra. La promiscuità era interdetta sotto ogni punto di vista e l’integrità delle preadolescenti preservata con ogni mezzo. Il primo di questi era eliminare qualunque abbozzo di identità sessuale: tutti i partecipanti dovevano partire senza nient’altro che quel che avevano indosso. Una volta arrivati e suddivisi nei gruppi (tra parentesi: dodici gruppi di circa 60 elementi ciascuno, per un totale di oltre 700 bambini) iniziava il rito della divisa: in ordine alfabetico, in un camerone, a turno bisognava andare dalla capo animatrice, spogliarsi integralmente, di fronte a tutti, dichiarare cosa portavi con te (mutande rosa, salopette di jeans, scarpe da ginnastica), avvampare per la pubblica nudità imposta, lasciare che mettessero tutto dentro un sacco col tuo nome scritto sopra e prendere quel che ti davano: mutande ascellari, pantaloncino, maglietta a righe orizzontali, sandali di gomma, dentifricio, spazzolino, saponetta. Poi andavi nel letto che ti era stato assegnato e aspettavi immobile che arrivassero nuovi ordini. La nudità si ripeteva ogni mattina: tra la colazione e l’uscita per il mare era obbligatorio mettersi in fila nel solito camerone con le mutande in mano, in cambio delle quali ricevevi il costume da bagno. Francamente mi sfuggono le ragioni di tanto incomprensibile rigore nudista, anche se posso immaginare che questa ritualità contribuisse al mantenimento dell’ordine e della disciplina. L’incontro con i maschi, dei quali io ricordo bene Marco, 11 anni, occhi azzurri e capelli biondi, purtroppo mai più incontrato, nemmeno su Facebook, era limitato agli spazi comuni: la mensa, la spiaggia, la piscina.

Ecco, è qui che avvenivano i primi timidi approcci infantili, palestra emotiva grazie alla quale ho potuto affrontare con animo ben diverso i successivi Centri Estivi (11-15 anni), dei quali la grande azienda automobilistica non si occupava più. Se ne occupavano allegre cooperative di buontemponi hippies e, ormai adolescente, ricordo che mi divertii molto.

sabato 12 giugno 2010

Giugno, un sapore


Giugno, estate
.
La mia ultima scoperta in fatto di sapori che regalano freschezza sono i ghiaccioli all'anguria; li ho trovati in un baruccio senza pretese, non lontano da qui: c'è da dire che, a guardar bene, si tratta molto semplicemente di tranci irregolari di anguria infilzati da uno stecco e poi sistemati nel congelatore, avvolti da una specie di carta rudimentale, molto lontana dallo sfarzo impeccabile e luccicoso della grande distribuzione gelatifera.
L'effetto è quello di un pezzo di ghiaccio dolce, stranamente ruvido e consistente sulla lingua; ha una sua personalità insomma, che niente ha a che fare coi perfetti liscissimi ghiaccioli cui siete abituati. Talvolta capita persino di incontrar dei semini di cui liberarsi, con uno sputacchiamento il più possibile discreto e decoroso.
Bizzarro a dirsi forse, ma questo sapore fresco di anguria che non è più frutta ma non è ancora un gelato mi piace proprio.

mercoledì 9 giugno 2010

Tre giorni per cambiare faccia

Faccia. Sì. L'ho trovato su una rivista. Confesso di essere caduta in tentazione: mi porto dietro due guance grigio smog e la pelle impura di un'adolescente fuori corso, quindi perché no? È il caso di provare. Chissà che insieme a questa faccia qui non mi cambi anche la foto sulla patente? L'articolo parla chiaro “E' una promessa: se lunedì mattina inizierai la nostra dieta flash, ricca di vitamine A, C, E e di antiossidanti, entro mercoledì sera avrai già il viso molto più disteso e luminoso”. Io l'ho fatto: siamo a mercoledì, ore 21 circa, mi spetta ancora 1 tisana al finocchietto e 1 ciliegia prima di andare a dormire. O i miracolosi risultati mi sbocciano in faccia tutti insieme alle 23 o c'è qualcosa che non va. Dimenticavo: mi spetta anche 1 albicocca. Sì, una. Perché si procede per unità: 1 frullato, 1 carota, 1 biscotto (integrale), 1 fetta di ananas. E mi va bene che col caldo divento inappetente, ma a pranzo 1 pomodoro con 1 filetto di persico mi pare un po' pochino. E non è che mi senta esattamente “distesa e luminosa”, anzi: mi sento piuttosto grigia ed arruffata. Dove ho sbagliato? Forse ieri sera? Invece di 1 concentrato di pompelmo rosa ho preferito 1 moderata sbronza: ho ceduto a 1 prosecco, 1 etto di pringles alla paprika e 2 gin tonic. Sì, deve essere stato quello: 1 gin tonic, avrei dovuto buttar giù, non 2.
Per il weekend tocca ricominciare tutto da capo.

giovedì 3 giugno 2010

Che peccato, l'ira


È l’unico peccato che mi manca, l’ira. Sono quindi difettosa di un pezzo fondamentale: la serena capacità di lasciare che la rabbia mi confonda. Non c’è spazio per la follia dell’irragionevole. Sono prigioniera del rigore della deduzione e della consequenzialità, le sbarre della logica sedano sul nascere ogni principio di esplosione.

Azione. Reazione. Prevedibile.
Niente furia, nessuna distruzione irrazionale di rapporti, relazioni e suppellettili. Non conosco collera. Mi manca la predisposizione al furore dell’iracondia. Il massimo che ci si può aspettare da me è qualche raro scatto di urlata isteria, subito però ricondotta a immediata autocensura. Sostituisco l’ira con l’apprendimento del gelo feroce di un’occhiata muta, che forse ferisce ma mi pare spesso molto meno decisiva.


Temo l’avvento di oscuri mali psicosomatici, indotti dall’implosione.
Aiutatemi: si può imparare ad accogliere la furia?