martedì 28 aprile 2009

Ma quanto durano le cotte estive?

La prima cotta estiva di cui ho memoria è dell'agosto 1992: lui si chiamava Andrea, aveva 14 anni, era di Vigevano e naturalmente era bellissimo. I luoghi in cui si consumò la mia passione, in modo del tutto autonomo (portai avanti la questione in completa solitudine: lui non venne coinvolto in nessun modo), furono le spiagge di Varigotti, provincia di Savona. A settembre ne cercai il numero attraverso il servizio 12, che all'epoca era gratuito ed efficiente, e gli telefonai, ma scoprii di aver chiamato casa di uno dei suoi innumerevoli cugini e alla fine rinunciai. Dopo quella prima volta, le cotte estive furono moltissime altre: ricordo almeno due Ivan, un Luca, un Michele, un certo Davide di Frosinone e un altro della provincia di Trieste. Le caratteristiche determinanti di una cotta estiva erano poche ma riconoscibili: si consumavano di preferenza tra giugno e settembre, con farfalle nella pancia, scompensi ormonali, telefonate lunghissime e il cap di norma appartenente a due regioni diverse. Poi col tempo le cose sono cambiate: la cotta estiva ha iniziato a coinvolgere almeno quattro stagioni e il cap, per una qualche forma di istinto di conservazione, si è avvicinato di molto, fin quasi a coincidere. Anche la durata, col passare dei lustri, ha subito notevoli cambiamenti e, superata l'adolescenza (per lo meno quella anagrafica), può oscillare in maniera complicata fra i 3 mesi e i 40 anni. Qualche tempo fa un'amica a me carissima ha rispettato a tal punto la regola originaria del cap da scegliere un tizio che ne aveva uno di un altro stato. È rimasta comunque nell'Unione Europea e hanno convissuto per anni. Le cose si sono complicate di parecchio insomma, anche se all'inizio sembrano tutte cotte estive. E voi? Che mi dite? Quanto durano le vostre cotte estive?

L'archivio

Ho archiviato tutto e tutti. E' ufficiale. Tutti i possibili nuovi spunti per la mia vita sentimental-sessuale sono stati riposti in ordinati cassetti. Sì, archiviati. Ho creato persino alcune nuove voci nel mio archivio, tanto per ricordarmi com’è che ci sono finiti dentro in quell’ordine, tutti quei disastri.

L’amico facciamo del sesso anzi no: lì ci ho messo Filippo. Quello sì che è un mistero. Un maschio che si tira indietro un minuto dopo essersi infilato nel mio letto merita uno studio specifico e non ho voglia di occuparmene io. E no, non mi interessa affatto che non volesse complicare la nostra amicizia, per cortesia. Alla nostra amicizia ci pensi, se proprio ci vuoi investire un pensiero, prima di levarti le mutande o, al limite, il mattino dopo, mentre ti preparo la colazione.

L’uomo delle altre: no no, basta, sono troppo vecchia per queste cose. Non lo voglio sospirare un uomo, non mi interessano le sue amiche d’infanzia né le sue compagne delle medie. Non voglio sapere niente dei suoi rapporti irrisolti. Quanto al tema ex fidanzate e affini mi ritengo piuttosto illuminata: vedile, sentile, frequentale e fatevi i regali di natale, ma non invitarla da me per un aperitivo. Per quanto riguarda fidanzate in carica, invece, ci terrei a non doverne sospettare l’esistenza. A questo punto voglio l’esclusiva. In questa parte dell’archivio ci sono finiti Gianluca e Francesco. Anche se per Francesco ero un po’ indecisa sulla sezione Ho bisogno anche di te, baby, per coltivare il mio ego.

L’eterno ritorno: giuro che questa volta è finita, sul serio, non c’è più niente tra di noi, l’ho cancellato. Non l’ho nemmeno chiamato per dirgli "Questa è l'ultima volta che ti chiamo". Anche se credo di farlo uno dei prossimi giorni.

L’uomo della mia vita: questa parte dell’archivio l’ho creata apposta per lui. Sta per andare a vivere con una ragazza che conosce più o meno da venti minuti. Certo che l’ho presa bene.

martedì 21 aprile 2009

Il tè verde è un castigo del cielo

Ho partecipato alla mia settecentomillesima inaugurazione. Rispetto alle prime, alle quali ero ammessa come sguattera della TCC, la Torino Che Conta, ho adesso il ruolo di educata comparsa (il cambio di classe socio-inaugurale è evidente solo ai più spregiudicati intenditori) e ho imparato l'arte fondamentale dell'approssimazione al buffet: niente più goffa voracità, bensì piluccamento quasi casuale di tartine e salatini, con equilibrismi perfetti di bicchieri di prosecco. La quantità di stuzzichini a base di burro ed esaltatori di sapidità che riesco a ingurgitare è direttamente proporzionale all'orario, con punte massime intorno alle 19.30, e all'umore. La combinazione ritorno-dal-lavoro + calo-di-serotonina è la peggiore, perché include anche la voglia spasmodica di procurarsi un allegro scioglimento di tensioni quotidiane attraverso l'alcool. Il risultato è che ritorno a casa col mal di testa e una penosa sensazione di soffocamento, con chiusura semi-definitiva del velo pendulo. Il senso di colpa tipicamente femminile che accompagna abbuffate di buffet produce l'insana smania di bersi almeno 1 litro e mezzo di tè verde seduta stante. Cosa che puntualmente faccio prima di andare a letto. Che il tè verde sia una prelibatezza della cultura orientale è un'invenzione del nostro meridiano. Il tè verde fa schifo, sa di paglia stantia e il suo odore è pressoché nauseante. Lo prendo come una medicina, buttandone giù larghe golate per espiazione, pensando ai suoi benefici effetti su ritenzione idrica e radicali liberi.

mercoledì 15 aprile 2009

Per buona creanza

La buona creanza impone di presentarsi quando si entra in una stanza nuova, quindi, anche se qualcuno di voi mi conosce già, faccio un piccolo ripasso delle nozioni basilari per interagire con me.

Per la categoria Tratti Somatici ho da dire poco: occhio azzurro, capello biondo. Abbastanza alta da poter entrare in competizione con gli uomini che incrocio, abbastanza larga da superare i mitologici 90 della triade 90-60-90 (ma parlo solo dei fianchi).

Il mio piatto preferito è la scarpetta, possibilmente con pane toscano, non salato. Mangio volentieri anche sushi, torta caprese, meringate e verdura cruda in pinzimonio. Quanto alle bevande sono una fanatica dell'acqua di rubinetto, ho imparato da poco a bere quella frizzante e non sono molto affidabile con gli alcoolici, nel senso che basta poco perché io inizi a biascicare, ridere a sproposito e rivelare segreti compromettenti. L'alcool, comunque, anche se in infime quantità, resta sempre un ottimo alibi.

Sono in generale accomodante e riflessiva e litigo molto molto di rado. Se non altro perché sono quasi del tutto convinta che non ci sia praticamente niente per cui valga la pena prendersela sul serio.
So però essere particolarmente acida e nelle fotografie scattate a tradimento ho spesso un'espressione di accondiscendente tolleranza, che il più delle volte si manifesta con occhio al cielo e smorfia del labbro superiore. Tanto da indurre qualcuno a dire “Certo che hai sempre quest'aria schifata”. Me ne scuso: se l'espressione è tale non dipende comunque da voi.

Sono curiosa, petulante e indisponente. Da qualche parte mi è piaciuto definirmi words hunter: sono avida di parole, le vostre soprattutto. Ho una sconfinata bibliografia di citazioni che vi appartengono e di cui mi approprio, in genere chiedendo il vostro consenso, ma non sempre.

Sono apparentemente in salute, anche se in realtà penso di essere covo ideale di mali psicosomatici di varia natura. Non credo di aver mai contratto malattie a trasmissione sessuale, se si esclude il cinismo. Credo praticamente a tutto e, nonostante una laurea in lettere, ho una predilezione molto ben documentata per la matematica e le scienze esatte.


Domande?